“Era un uomo pieno di scintille”, Giovanna Castiglioni racconta il padre Achille

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La vita è l’arte degli incontri. Quello con Giovanna Castiglioni, l’ultima delle figlie di Achille, è stato un incontro in cui il design ha fatto da collante fra la realtà odierna della Fondazione che porta il suo cognome e l’importanza storica del padre. Grazie al suo punto di vista privilegiato ho indagato nella quotidianità di Achille Castiglioni, senza mai separare l’uomo dal progettista, operazione peraltro impossibile.

 

 

Ne ho ricavato un ritratto tenero ma risoluto, che non posso non condividere. Ecco i miei dialoghi con Giovanna Castiglioni durante il nostro incontro alla Fondazione Achille Castiglioni, che da febbraio sarà sede della mostra/evento “100×100 Achille”. L’evento prevede che, in occasione del centenario dalla sua nascita, alcuni tra i più importanti designer del mondo  portino un regalo per Achille.

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Dei 100 regali che sono stati fatti per il Centenario dalla nascita di Achille, qual è quello che secondo te sarebbe stato più apprezzato da tuo padre?

È difficile rispondere: sono più di 100 oggetti, e sono tutti oggetti molto intelligenti. Potrei dirtene una carrellata, però è difficile scegliere, perchè li guardo e sono tutti oggetti anonimi, funzionali, molto semplici ma allo stesso tempo con una grande storia dietro.

A partire dalla graffetta regalata da Philippe Starck, che arriva con uno degli oggetti che più si conosce, presente su tutte le scrivanie, fino a Gum Design che arriva con il classico palloncino da festa. Per non parlare dei regali legati ai biglietti, mi viene in mente Gio Velluto che ha portato un proiettile.

Un oggetto insolito… perché proprio un proiettile?

Come ti dicevo, quello è un regalo che si completa con il biglietto di auguri che riporta: “A-Killer non hai mai sbagliato un colpo”. Lì si capisce tutto.

È interessante vedere come i designer, italiani e stranieri, conosciuti o meno conosciuti, abbiano voluto portare un regalo a papà in maniera molto diversa. In alcuni casi abbiamo degli oggetti che parlano da soli, per esempio Lissoni ha portato le forbici da bonsai, che sono belle di per sé; in altri casi invece bisogna andare più in profondità e capire che pensiero ci sia dietro il regalo.

Sicuramente questi regali parlano e ci raccontano molto anche della personalità dei designer che li hanno pensati.

Esatto, perchè poi la domanda è sempre quella: quando tu fai un regalo a qualcuno per il compleanno, arrivi con qualcosa che piace a te o che piace al festeggiato? E a quello io non so rispondere, posso dirti però che personalmente porto quasi sempre dei giochi, non riesco a portare delle cose molto serie.

E in più, come mi ha insegnato mia mamma, ad una festa non si porta mai un regalo troppo costoso, per evitare di mettere in imbarazzo l’altra persona.

Ed è vero, gli oggetti anonimi che sono stati regalati a Castiglioni, sono oggetti economici. E l’oggetto anonimo porta tutti su uno stesso livello, quindi non c’è più Philippe Starck famoso e Marco Marzini meno conosciuto, ma ogni oggetto acquista il suo significato.

Alla fine abbiamo ricevuto davvero moltissimi oggetti, molto diversi tra loro, ma accomunati dall’affetto e dal rispetto verso Castiglioni.

Una cosa che mi è piaciuta molto è il fatto di poter mettere in mostra degli oggetti che fanno parte della vita quotidiana di tutti quanti noi. Tra i regali per Achille ci sono cose che possediamo tutti e questo è  un po’ come valorizzare e portare tutti sullo stesso livello. Alla fine, tutti famosi o nessuno famoso.

Sappiamo che 100×100 Achille è una mostra che diventerà itinerante. Ci racconti dove andrà?

Sarebbe bello sapere già con certezza le tappe, ma non è così. 100×100 Achille è una mostra semplicissima ma ancora da costruire bene. I display che accolgono i regali sono nati per la Fondazione, e non andranno bene per andare in giro, quindi stiamo un po’ ragionando sulla logistica. Ci sono delle tappe fisse, già organizzate, ma non possiamo ancora ufficializzare il tutto.

In questi giorni riflettevo su cosa poterti domandare di originale, pensando al fatto che ti avranno già chiesto di tutto su tuo padre. Così voglio chiederti di raccontarmi qualcosa che non è mai stato detto: un aneddoto, un aspetto della personalità, anche minimo, anche non è mai stata detto.

Che gli piacessero le uova lo sapevano tutti. Ma le bruciava anche, questo forse non lo sanno. Quelle sode, intendo! Era totalmente negato in cucina: davvero, riusciva a bruciare persino le uova sode. L’acqua evaporava e si bruciava tutto il guscio.
Sì, questa è forse una delle cose che a me diverte di papà: era proprio negato in cucina.

 

Pensi che l’estro, la creatività che aveva tuo padre, siano qualcosa che si possa imparare o siano piuttosto qualcosa di innato?

Questa domanda è bellissima. Da un lato papà è sicuramente nato così, e non ci potevi fare niente: era un uomo pieno di scintille. La sua era una creatività costante, legata al rimanere bambini, perchè se si resta bambini, se si è curiosi, allora possiamo imparare dagli oggetti quotidiani, da quello che abbiamo intorno, possiamo ancora stupirci e – perchè no – intenerirci di fronte a quello che ci circonda. Questo credo si possa insegnare ancora ai giorni nostri. Oggi siamo un po’ troppo abituati ad avere oggetti brandizzati. Siamo figli del marchio, più che del prodotto. Uno degli oggetti che a me piace moltissimo raccontare è proprio l’interruttore rompitratta, che è quasi un oggetto anonimo, però questo è entrato nelle case di tutti.

Se ti chiedessi di descrivere Achille Castiglioni in 3 parole, quali sceglieresti?

Da un lato lui era molto attento all’uomo, osservava, si guardava intorno, assorbiva informazioni, era una spugna. Dall’altro lato, era quasi un inventore, perché pensava e costruiva oggetti che fossero funzionali. Quindi spugna, funzione e curiosità. Queste sono le 3 parole.

 

Qual era il suo colore preferito?

Non c’è. Ti stupisce questa cosa, vero? La realtà è che non aveva un colore preferito, perchè per lui il colore era talmente importante in un progetto che quando progettava un oggetto, anche il colore aveva una funzione. Ti faccio subito un esempio. Il sellino da bicicletta, Sella, nato per Zanotta nel ‘57, ha il colore rosa. Non è propriamente il colore di affezione di mio padre, ma – in quel caso – il colore rosa è collegato alla maglia rosa e quindi al Giro d’Italia. Perfetto. Un sedile da esterni come Allunaggio, sempre nato per Zanotta nel ‘55, è verde: è un sedile da esterni, lo metti su un prato e si mimetizza.

 

Quindi possiamo dire che ogni colore può essere perfetto, a seconda di dove viene applicato.

Esattamente.

 

Ed tu invece hai un colore preferito?

Il verde bosco, che poi è il verde speranza.

 

E per quanto riguarda invece la forma degli oggetti? Sei più attratta da forme rigorose o sinuose?

Non posso rispondere in maniera generica, perché la forma la collego alla funzione. Per me sono due cose strettamente collegate. Se l’oggetto funziona e ha una bella forma, bene, se la forma è meno bella ma segue la funzione in modo intelligente, per me va altrettanto bene.

Guardando il mercato di oggi e vedendo le sue evoluzioni, credi che tra 100 anni le icone del design saranno solo pezzi da museo o faranno ancora parte delle nostre case?

Mi piacerebbe fossero ancora nelle case. A mio padre piaceva entrare nelle abitazioni e nella quotidianità, in maniera silenziosa. Voleva che le persone comprassero un suo oggetto senza necessariamente sapere che fosse stato disegnato da lui o prodotto da una grande azienda, ma semplicemente perchè piaceva. L’oggetto è qualcosa che deve fare compagnia: è un qualcosa che deve essere usato, toccato, rovinato e consumato. È la vita naturale dell’oggetto, una vita esattamente opposta a quella che hanno i pezzi da museo, che sono esposti, ma distanti e intoccabili.

 

Immagino che il vostro prodotto di punta sia la lampada Arco.

Sì, la Arco e il cucchiaio per la maionese. Due opposti.

Ci sono dei progetti futuri di cui vuoi parlarci?

A maggio, presenteremo in Fondazione una riedizione della mostra “Tokyo” che mio padre aveva realizzato nell’84. Si tratta di uno spazio domestico, un ambiente di una sala da pranzo un po’ atipica perché è un allestimento in cui ogni commensale sta seduto con il proprio tavolino ma che può interagire con tutti.

In sostanza, ricreeremo gli ambienti fatti dal papà, nel suo studio. È il terzo allestimento che facciamo di questo tipo. Il curatore è Beppe Finessi, mentre Marco Marzini si occuperà di costruire letteralmente tutta la stanza. È un bel gioco di squadra.

Abbiamo visto che, in occasione di San Valentino, hai interagito con la nostra pagina Facebook mettendo un like alla Valentine di Sottsass, che noi abbiamo pubblicato in quella data. Secondo te, se tuo padre fosse qui ai nostri giorni, che rapporto avrebbe con il digital, con i social e con questo tipo di comunicazione?

Mio padre è sempre stato molto innovativo nel suo modo di fare. Pensa che appena uscì il primo cellulare, quello con l’antennina che tiravi su con i denti, per capirsi, lo ha assolutamente voluto. Poi non lo sapeva usare, ma voleva sperimentare, così come il primo computer. Era molto curioso, molto attento alla tecnologia. Quindi cosa avrebbe fatto con i led e con tutte le nuove tecnologie, sono cose che ci chiediamo spesso.

 

Che approccio avrebbe avuto con i social network?

Era una persona molto riservata, quindi penso che non avrebbe messo in piazza le sue cose, per questo penso che Facebook non gli sarebbe proprio piaciuto. Però Instagram, a cui io stessa sono molto legata (abbiamo addirittura tutto un progetto grafico su Instagram che sta andando molto bene) devo dire che quello, forse, visto che si tratta di una comunicazione tramite immagine, e visto che a lui piaceva tanto la grafica, probabilmente gli sarebbe piaciuto. Lui amava molto le immagini, in generale, e probabilmente questo modo di fare social gli sarebbe piaciuto.

 

Quindi Instagram sarebbe stato il suo social.

Penso di sì. Sicuramente è il mio: vado via molto bene con i social, mi piace!

Cosa ne pensi? Ha appassionato anche te la chacchierata con Giovanna? C’è qualcosa che ti ha particolarmente colpito? Conoscevi la Fondazione Castiglioni? Hai qualche aneddoto da raccontarmi in merito? Scrivimi tutto nei commenti, ti aspetto! 

 

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Fondazione Achille Castiglioni

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